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Un Viaggio Tra Storia, Sapori e Tradizioni Millenarie.
Addentrarsi nel mondo degli Etruschi significa scoprire un popolo non solo di abili artigiani e navigatori, ma anche di veri e propri appassionati buongustai. Le testimonianze letterarie greche e latine, unite ai ritrovamenti archeologici, dipingono un quadro affascinante della loro alimentazione e delle loro abitudini culinarie. La loro era una regione che produceva di tutto, permettendo ai suoi abitanti di nutrirsi a sufficienza e concedersi una vita di piaceri e lusso, come annotava Diodoro Siculo nel I secolo a.C. Per comprendere appieno lo stile alimentare etrusco, è essenziale considerare il contesto socio-culturale ed economico dell’epoca, gli eventi storici e il livello tecnologico agricolo di un’Etruria vasta e diversificata nelle sue produzioni. Ancora oggi, gli abitanti di alcune zone dell’antica Etruria, come gli Umbri, riconoscono intriganti analogie con la propria cucina tipica.
Un Sistema Produttivo all’Avanguardia
Gli Etruschi, esperti agricoltori e dediti alla pastorizia, apparecchiavano sontuose mense due volte al giorno, come narra il filosofo Posidonio. La loro dieta si basava su carni di suini, ovini, pollame e cacciagione, arricchita da legumi e frutta. I ritrovamenti di semi di noccioli, ghiande, olivo, fico, orzo, prugna e fave confermano la ricchezza e la varietà dei prodotti della loro terra. Anche la mela era un frutto presente sui banchetti, testimoniato dalle pitture tombali, e la Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano ne è una delle varietà più antiche, raccolta a metà ottobre e consumata da gennaio.
L’olio, il vino e la frutta erano celebri per qualità e quantità, mentre cereali e legumi, in particolare il farro, costituivano la base della dieta quotidiana. L’allevamento forniva principalmente carne suina e ovina, una tendenza che ha lasciato un’eredità tangibile nella tradizione norcina e nelle produzioni casearie ovine del Lazio. I buoi erano raramente destinati al consumo, essendo indispensabili per il lavoro nei campi, ma rappresentavano un lusso straordinario nei banchetti nobiliari. Un ritrovamento particolare, il dolio glirarium a Castelluccio di Norcia, suggerisce persino l’allevamento dei ghiri per scopi alimentari.
Il comparto ittico era fiorente grazie a numerosi bacini fluviali e all’affaccio sul Tirreno, garantendo la disponibilità di tonni, orate e persino una specie simile al salmone, l’Aulopias. La caccia, come attestano strumenti rinvenuti e fonti letterarie come l’Eneide di Virgilio, era un’arte raffinata, con la selvaggina che assumeva un valore quasi sacro. Anche la pesca, sia in acqua dolce che salata, era fondamentale. Tutte queste attività conobbero un notevole incremento con l’urbanizzazione.
Dove e Come Mangiavano gli Etruschi
Le fonti letterarie romane e le rappresentazioni iconografiche ci offrono un’immagine vivida dei luoghi e delle modalità del pasto etrusco. Sebbene l’immagine del sontuoso banchetto sul Kline (il letto conviviale) sia la più suggestiva e ricorrente nelle tombe, non rappresenta l’unica abitudine. Sarcofagi e urne mostrano i commensali distesi in un’atmosfera di calma e piacere. Le pitture tombali ci svelano anche l’arredamento tipico: forni, tavolini bassi e candelabri. Il filosofo Posidonio, stupefatto, descrive la ricchezza delle tavole, i tappeti fioriti e le coppe d’argento per il vino.
I banchetti etruschi erano veri e veri e propri rituali, con un doppio significato: religioso, in occasione di cerimonie funebri, e sociale, espressione di ricchezza da parte delle classi agiate. Una figura chiave in questi conviviali era il “direttore di mensa“, antenato del moderno Maître d’Hotel, responsabile del buon andamento dell’evento.
La prima forma di banchetto, quella seduta, comparve in Etruria almeno dall’inizio del VII secolo a.C., influenzata dalla cultura greca. Questo modello aristocratico prevedeva un pasto composto e ordinato. Dal VI secolo a.C., sempre per influenza greca, si introdusse la figura del banchettante semisdraiato sul letto conviviale, appoggiato a cuscini. Su ogni letto potevano trovare posto due o tre persone, con tavolini bassi sistemati davanti per il cibo e le coppe di vino.
Tuttavia, il banchetto era un’abitudine prettamente nobiliare.
La vita quotidiana del popolo era molto più vicina ai nostri costumi moderni, con due pasti al giorno, consumati perlopiù seduti a tavola.
Claudio Barchesi, nel suo articolo “Con gli Etruschi a tavola“, sottolinea come il pasto fosse “una cosa seria, al punto che ne hanno fatto il tema decorativo più frequente delle loro tombe“. I nobili si facevano seppellire con tutto l’occorrente per cucinare e apparecchiare, a testimonianza della centralità del cibo nella loro cultura.
Banchetti Nobiliari e Cibi Popolari: Le Differenze in Tavola
L’alimentazione etrusca variava notevolmente tra le classi sociali.
I banchetti dei ricchi erano opulenti e strutturati in portate simili a quelle attuali: zuppe e minestre a base di farro come primo piatto, seguite da carni pregiate come bue, capriolo, lepre e altra cacciagione.
La popolazione povera, invece, aveva una dieta più essenziale, con proteine derivanti principalmente da pesce, carne di pecora, maiale, latticini e, soprattutto, legumi. Un ruolo di primo piano nella cucina etrusca era rivestito dall’aglio e dalla cipolla, considerati non solo alimenti ma veri e propri rimedi curativi, afrodisiaci e stimolanti. L’alloro, abbondante in “boschi” spontanei, era l’ingrediente prediletto per insaporire, specialmente la selvaggina.
Il farro, elemento centrale nella dieta di ogni livello sociale, veniva declinato in mille modi: dalle minestre alle focacce non lievitate. La puls, una sorta di polenta di farro, e le Farragines, minestre di farro con o senza legumi, erano piatti molto comuni.
L’importanza del farro nell’alimentazione del centro Italia di allora ha lasciato un’impronta duratura nella tradizione enogastronomica odierna, con zuppe e piatti a base di cereali ancora molto diffusi in Toscana e Umbria. Gli scavi hanno inoltre rivelato che gli etruschi erano grandi consumatori di frutta (fichi, prugne, melograni, pere e frutta secca) e di legumi (ceci, fagioli, lenticchie, fave).
Le uova, altro alimento largamente consumato, potevano essere mangiate da sole o usate come base per diverse ricette, come frittate salate o torte dolcificate con l’abbondante miele prodotto dagli Etruschi.
Il Vino: Protagonista Incontrastato della Cultura Etrusca
Concludendo il nostro viaggio gastronomico, non si può non dedicare un cenno al vino, la bevanda prediletta degli Etruschi. La viticoltura era ampiamente praticata e il vino etrusco fu oggetto di lodi da parte di numerosi autori antichi, sebbene si trattasse di un prodotto più denso e di maggior gradazione alcolica rispetto a quello attuale, solitamente annacquato e aromatizzato con miele o resina. La sua qualità e la produzione abbondante permisero agli Etruschi di esportarlo in Sicilia, Corsica e nella Gallia meridionale, rendendolo uno dei prodotti più esportati in assoluto. È quasi superfluo specificare come il vino fosse il grande protagonista di banchetti e simposi, sia che avessero scopo conviviale, sia che fossero indetti a scopo rituale per omaggiare una divinità. Nessun altro alimento raggiunse l’importanza culturale che il vino ricoprì per gli Etruschi, simbolo di piacere, convivialità e profonda spiritualità.
Ricette Millenarie Rivisitate: Un Assaggio del Passato
Grazie a un meticoloso lavoro di ricerca, è oggi possibile assaporare il gusto dell’antichità attraverso ricette etrusche rivisitate con ingredienti più vicini ai nostri tempi, pur mantenendo fedelmente i sapori originali.
Ecco alcuni esempi che vi invitano a un viaggio culinario nel passato:
- Miele Fritto: un dolce semplice e raffinato, dove il latte cagliato e il miele si uniscono in dischi dorati fritti in olio d’oliva.
- Favata: un piatto saporito a base di fave fresche, insaporite con porro, guanciale, timo e alloro, sfumate con vino bianco.
- Terrina di Cipolle e Uova: una preparazione rustica ma gustosa, con strati di cipolle soffritte, farina di farro, uova fresche e cacio grattugiato, cotta al forno fino a perfetta doratura.
Biscotti Etruschi:
Storia di un Sapore Ritrovato
Vi presentiamo dei biscotti unici, nati da una sfida affascinante con l’Associazione Italiana di Archeologia (S.I.A.M.): ricreare i sapori dell’antica Etruria. Si trattava di biscotti a base di farina di farro, uvette, olive, olio e miele. Durante la ricerca, abbiamo optato per una ricetta senza uova (dato che il consumo di galline non è accertato), usando olive nere secche per un metodo di conservazione antico, e un pizzico di sale, data la sua preziosità. Il latte, di mucca o capra, era certamente presente. Dopo vari esperimenti, abbiamo preferito la cottura tradizionale in forno per praticità. Il risultato? Sorprendente e delizioso!
Ingredienti:
- 350 gr farina di farro
- 70 gr olio d’oliva
- 120 gr miele
- 55 gr latte (da regolare in lavorazione, sostituibile con acqua)
- Un pizzico di sale
- 50 gr uvette
- 30 gr di polpa di olive nere secche
Preparazione:
- Snocciolate e tagliate grossolanamente le olive.
- Iniziate l’impasto (simile a una frolla) unendo alla farina di farro il sale, l’olio e il miele. Amalgamate fino a ottenere un sablé.
- Aggiungete il latte (o acqua) quanto basta per un composto omogeneo e consistente.
- Incorporare uvette e olive, distribuendole uniformemente.
- Prelevate pezzi di impasto (circa 20 gr) e disponeteli sulla teglia.
- Infornate a 180°C per 15 minuti, più 5 minuti a forno spento. Se usate la pentola fornetto, regolate il tempo a vista.
- Fate raffreddare su una griglia.
Nota: si conservano bene in un contenitore ermetico.
Biscotti Etruschi:
La Ricetta Romagnola Croccante all’Anice
Questa versione dei biscotti etruschi, tipica romagnola, ricorda i cantucci ma si distingue per essere più sottile, lunga, croccante e aromatizzata con semi di anice.
Ingredienti:
- 650g farina debole tipo 00
- 75g burro ammorbidito
- 400g zucchero semolato
- 175g uova (circa 3 uova medie)
- 80g tuorlo (circa 4 tuorli da uova medie)
- 450g mandorle
- 15g lievito baking (in polvere)
- 6g semi di anice
Quantità totale impasto: 1.851 g.
Nota: Si ottengono circa 60 biscotti.
Come prepararli:
- Miscelate farina e lievito.
- Foderate una teglia con carta da forno.
- Lavorate burro morbido e zucchero fino a ottenere una crema.
- Unite uova e tuorli poco alla volta.
- Aggiungete i semi di anice, si ingloberanno meglio nel composto ancora liquido.
- Unite la farina miscelata con il lievito. L’impasto diventerà tenace.
- Incorporare le mandorle sulla spianatoia, a mano.
- Formate 4 filoni (o 2 per biscotti più lunghi), bagnando le mani per facilitare.
- Infornate a 170°C per circa 30 minuti, o fino a crescita e leggera colorazione.
- Lasciate raffreddare completamente i filoni.
- Tagliate i filoni a fette di circa 1 cm di spessore e stendeteli sulla teglia.
- Rimettete in forno fino a farli asciugare e seccare per la caratteristica croccantezza.


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